Cantami, o Diva, del pelide Achille l'ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei.
L’ira di Achille, con cui si apre il proemio dell’Iliade, è frutto di un furioso litigio con Agamennone, l’arrogante capo militare degli Achei che assediano la città di Troia.
Questi gli ha sottratto Briseide, la sua schiava prediletta, per rimpiazzare la quasi omonima Criseide, la cui prigionia ha richiamato l’ira di Apollo sull’accampamento degli assedianti.
Infatti quando Crise, sacerdote troiano di Apollo, si è recato alla tenda di Agamennone, prostrandosi in una richiesta di liberazione per la figlia, è stato insultato e cacciato. Il generale, insomma, si è macchiato del peccato di hybris: ha ecceduto in superbia, tracotanza, arroganza.
E come sempre succede nell’epica classica, la hybris porta con se una tisis, la punizione divina.
Nel caso di Agamennone, Apollo si adira visto il trattamento ricevuto dal proprio sacerdote e scatena per tutta risposta la peste nell’accampamento degli Achei.
Nel caso dell’Italrugby la capacità di rimanere umili e pragmatici, senza cedere alla hybris, ha fatto sì di non attirare sui colori azzurri le ire degli dèi della palla ovale.
Emotivo vs razionale
L’Italia ha battuto il Galles 22-15 e ha vinto la sedicesima partita in venticinque anni di Sei Nazioni. Lo ha fatto giocando un rugby all’opposto di quello a cui ci ha abituato, un gioco molto simile a quello dell’Inghilterra arrivata a un punto dalla finale della Rugby World Cup 2023: continuo utilizzo del gioco al piede con calci contestabili al fine di occupare il territorio avversario e indurre l’opposizione all’errore, per poi approfittarne.
Una strategia che, sotto il diluvio romano di sabato, ha decisamente pagato: il punteggio era di 16-3 alla fine del primo tempo, il secondo miglior distacco a metà partita per l’Italia in una gara del Sei Nazioni dopo i tre intercetti in Scozia del 2007.

A quel punto molti spettatori azzurri, a meno a giudicare dagli aspri commenti che si leggono in giro, si sarebbero attesi una squadra italiana più sciolta, audace abbastanza da spingersi nella metà campo avversaria e cercare di chiudere i conti con una marcatura pesante. Invece gli Azzurri hanno provato per tre volte a mettere un piazzato da metà campo (due errori di Allan e un palo di Page-Relo) per andare a +16, oltre il doppio break.
“Era molto complicato giocare in attacco, perché la palla era veramente molto scivolosa e l 'abbiamo visto in un paio di situazioni - ha detto Michele Lamaro nella conferenza stampa dopo la partita - D’altra parte [le scelte di piazzare da lontano sono dettate anche dalla] fiducia in noi stessi che avevamo dentro i 22 metri [avversari]. Sia con la Scozia che oggi abbiamo fatto un po' di fatica, quando entriamo dentro i 22, ad avere palla veloce e ad avere contatti dominanti. In più sappiamo che invece una delle nostre zone in cui riusciamo a mettere più pressione è proprio tra i 50 e 30 metri. In questa zona riusciamo non solo a mettere pressione, ma anche a obbligare l’avversario a concederci tanti calci di punizione. I 3 punti poi valgono sul tabellone a tutti gli effetti.”
“Lo so che ogni tanto vorremmo provare ad andare per segnare la meta - ha spiegato - ma è più la nostra parte emotiva che ce lo dice, mentre la parte razionale invece può essere effettivamente molto più ragionevole in determinati momenti.”
“Devo essere sincero, più di qualche volta ho pensato se non fosse meglio andare a mettere pressione tenendo palla nella loro metà campo, però poi quando vedo il calciatore che mi dice che ce l 'ha e che se la sente, ovviamente non posso negare che i tre punti sono sempre molto importanti. Proprio la parte razionale mi fa dire che a quel punto è più importante riuscire a mettere su tre punti che non costruire pressione in attacco.”
Ecco perché l’Italia non ha peccato di hybris. Perché non è stata superba né arrogante, non si è sentita necessariamente migliore di questo Galles: è rimasta con i piedi per terra, conoscendo bene le proprie qualità attuali. E così non si è attirata la punizione divina: non segnare la meta e magari subirla, e rimettere la partita in discussione.
A dire la verità, a inizio ripresa, un paio di occasioni gli Azzurri hanno anche provato a sfruttarle per mettere punti pesanti, ma non sono riusciti ad andare da nessuna parte: al 43’ il Galles libera malamente e Ioane contrattacca e porta l’Italia al limite dei 22 avversari, ma Page-Relo e Garbisi non si capiscono e tutto si risolve in un calcetto insipido; al 47’ una rimessa laterale speciale oltre i 15 metri manda Negri a trovare avanzamento a pochi metri dalla linea avversaria, ma Ioane e Menoncello sono in ritardo sulla pulizia e James Botham sottrae la palla.

Ancora Lamaro ci torna sopra: “Ci sono dei momenti in cui è giusto andare anche nei 22 avversari, ma secondo me successivamente a quando hai già messo sotto pressione l’altra squadra in quella zona del campo.”
“Noi purtroppo nelle ultime partite non siamo riusciti a farlo e quindi andare a giocare un'altra palla, a meno che non sia obbligato dal punto di vista del punteggio come lo è stato settimana scorsa per gli ultimi 15 minuti, [sarebbe stato più rischioso di prendere i tre punti].”
Box kick mon amour
L’Italia ha vinto la partita contro il Galles perché è stata più precisa nel calciare i box kicks e più ordinata nel gestire le kick chase, cioè il modo in cui ci si organizza per andare a inseguire (chase, appunto) il pallone calciato dalla base della ruck.
Martin Page-Relo, d’altra parte, è in campo per questo: dei mediani azzurri è quello in grado di calciare dalla base con maggiore continuità alla giusta distanza e con il giusto tempo in aria della palla.
Rispetto alla prima partita, adattandosi in parte alle condizioni meteo e in parte all’avversario, anche il Galles ha calciato molto di più: contro la Francia ha calciato mediamente una volta ogni 9 passaggi, contro l’Italia una ogni 3. L’organizzazione della squadra e l’esecuzione dei calci di Tomos Williams sono però stati nella maggior parte dei casi di qualità inferiore rispetto alla controparte, consentendo all’Italia di vincere la partita nella statistica chiave del match: il territorio.

Quando l’Italia ha impostato questo tipo di partita, per il Galles la soluzione poteva essere quella di accettare la sfida e provare a battere l’avversario attraverso il gioco con la palla, ma in questo momento la squadra di Warren Gatland non ha le qualità per poter fare seriamente del male a una buona difesa.
Certo, se Josh Adams fosse riuscito a tenere uno dei due calcetti che gli sono sfuggiti vicino alla linea di meta o se non avesse commesso un passaggio in avanti per Jac Morgan su una bella manovra offensiva dei suoi, forse staremmo parlando di un’altra partita, ma i fatti rimangono gli stessi.




Ovviamente la ridottissima quantità di palloni giocati dall’Italia e il sistematico utilizzo del gioco al piede in tutte le zone di campo è una caratteristica che è stata decisamente accentuata dalle condizioni meteo: nelle prossime partite non vedremo l’Italia di Quesada come l’Inghilterra di Borthwick del 2023.
Inevitabile, però, che il gioco tattico al piede sia per il momento la cosa migliore del Sei Nazioni dell’Italia: contro la Scozia era il principale motivo per il quale gli Azzurri erano rimasti in partita, riuscendo grazie a quello a occupare il campo avversario e ottenere punizioni; contro il Galles è stata la pietra angolare su cui ha costruito il successo; contro la Francia, l’Inghilterra e l’Irlanda sarà il punto di partenza sul quale aggiungere altri necessari mattoncini per provare a ottenere un risultato che possa farci aprire un altro capitolo dell’epica omerica.
Fondamentale Allan e UlisseGarbisi visto che nomini Omero in tutta la sua bellezza, i piazzati e il calcio di Ulisse a ange che non poteva non volare i momenti salienti. Pazienza cuore e tanto tanto fegato perché anche quello era necessario. Iin tranceagonistica fino alla fine. Ora tocca aspettare